Antonella Palmisano: la rinascita dopo l’infortunio

Antonella Palmisano: la rinascita dopo l’infortunio
L'esclusiva intervista di NBS alla campionessa olimpica Antonella Palmisano, un'opportunità per conoscere più a fondo un'atleta talentuosa e determinata, con la capacità di affrontare ogni sfida - umana e sportiva- reinventandosi sempre.

La campionessa olimpica Antonella Palmisano si racconta in questa intervista con NBS: le vittorie più importanti fino all’Oro alle Olimpiadi di Tokyo, il Covid, gli infortuni e la capacità di reinventarsi, sempre.

Ciao Antonella, grazie per essere qui con noi oggi.
Iniziamo subito con la domanda di rito.

Quali sono le vittorie che consideri più importanti?


Sicuramente quella del 2010 a Chihuahua, è stata la gara che mi ha permesso di capire che potevo arrivare agli Assoluti; fino a quel momento ero categoria Junior, vincere una coppa del mondo a quell’età ( mi pare di essere stata la prima donna italiana ad averla vinta) mi ha fatto cambiare tipo di mentalità, ho pensato: “ok, non lo faccio per gioco, ma lo faccio perché ambisco a risultati più importanti”.


E poi la vittoria più importante è stata Tokyo, vincere un oro olimpico non ha eguali. 
Ti dedichi al raggiungimento di quel risultato per tanti anni, ma non sai mai se lo potrai raggiungere davvero.

Le Olimpiadi di Tokyo 2020, spostate di un anno, al 2021..


Sì, Tokyo 2021, per uno sportivo tutto gira intorno ad un quadriennio; non ti nascondo ch’è stato difficile allungare di un anno, con le Olimpiadi posticipate al 2021, infatti parecchi atleti hanno smesso, si sono ritirati, non è stato facile dal punto di vista mentale aggiungere quell’anno in più.

Il Covid ha sconvolto un po’ tutto..

Come sei riuscita a portare avanti la tua attività da sportiva professionista, con gli allenamenti, nel periodo Covid?


Diciamo che il periodo si è suddiviso in diverse fasi.

La prima è stata quella in cui ci hanno detto che forse le Olimpiadi sarebbero state annullate. Quella fase io l’ho vissuta un po’ come un lutto, avevo come obiettivo quello di vincere le Olimpiadi, sentivo di poterci provare, quindi ho vissuto davvero male l’idea di dover aspettare altri quattro anni.

Poi c’è stata la fase in cui ho sentito una sorta di accettazione per quello che mi era stato detto, ho cominciato a vedere quelle che erano le priorità e ho pensato: “ok, siamo atleti, però nel mondo sta succedendo qualcosa che nessuno di noi si poteva aspettare”, quindi il mio poteva risultare quasi un capriccio.

Questa fase di accettazione mi ha permesso di vivere le giornate svegliandomi la mattina e pensando: “io e la mia famiglia stiamo bene, andiamo avanti”. 


È arrivata poi la notizia che le Olimpiadi sarebbero state solo posticipate di un anno, quindi tutto cominciava a prendere di nuovo colore.
Il nostro allenatore è stato bravo ad inserirci degli esercizi nuovi, da fare in casa, mi divertivo, ogni giorno avevo un allenamento diverso e stimolante che mi permetteva di fare qualcosina. 

E poi la fase finale, nella quale noi atleti appartenenti ad un gruppo sportivo e qualificati per le Olimpiadi abbiamo potuto riprendere a fare gli allenamenti; questa fase finale mi ha permesso di stare meglio perché potevo continuare ad allenarmi in caserma, con distanziamento.

Sei riuscita a reinventarti e a reinventare la tua routine di allenamento..

Sì, essere atleta è anche questo, sapersi reinventare, come nel caso di un infortunio.

Adesso, per esempio, esco da un’operazione e per allenarmi faccio tutt’altro rispetto alla mia solita routine, vado in piscina per esempio, è un reinventarsi continuo.

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