Il progetto
I Punti di Lagrange sono dei punti nello spazio cosmico in cui un corpo dotato di una massa molto piccola è in grado di rimanere in equilibrio gravitazionale rispetto a due corpi di massa eccezionalmente più grande, permettendo al piccolo corpo di muoversi su una sua orbita effettivamente dipendente dagli oggetti più massicci, ma scongiurando il pericolo di essere attratto dalla loro gravità e perdersi cadendo dentro di essi.
Ognuno di noi all’interno della propria esistenza ha i suoi Lagrange Point, quegli spazi fondamentali che gli permettono di rimanere in equilibrio nonostante le immense forze con le quali la vita ci strattona: non ci rendono immuni dal flusso degli eventi ma ci permettono di restare in un qualche modo sul pezzo, anche quando la tempesta diventa particolarmente severa.
È una questione molto intima e personale il Lagrange Point individuale, possiamo averne anche più d’uno, ma sta di fatto che sono fondamentali per il benessere fisico e mentale di ognuno di noi e solitamente corrispondono ai valori forti e radicati nell’animo umano.
Ed è per questo che è indispensabile prendere seriamente i fenomeni che stanno infierendo sul settore dello sport: uno sportivo è un innamorato pazzo dei valori che la sua disciplina trasmette, è un’anima che attraverso l’azione sta cercando qualcosa d’importante, in primo luogo sé stesso. In quest’ottica lo sport è lo strumento per affrontare la tempesta, è il punto in cui alcuni trovano il loro equilibrio seppur immersi in un contesto più grande di loro.
Consapevoli dell’importanza di tutti questi aspetti, nella volontà di dare un servizio utile alla comunità del Trail Running, ci apprestiamo quindi ad affrontare un ciclo di interviste che ha come protagonisti i promotori di gare, giornalisti e figure di rilievo del settore, che ci racconteranno dal loro punto di vista, che cosa sta succedendo nel Trail a causa dell’attuale crisi provocata dal COVID-19, come ci si sta muovendo e se vorranno, quale è la loro visione del futuro.
In un momento in cui la parola d’ordine sembra essere distanziamento, vogliamo creare vicinanza tra chi opera e chi corre, perché siamo consci che nel Trail la gara non è mai stata solo una competizione ma un’occasione di condivisione e di calore, e pensiamo che attraverso una corretta informazione si possa continuare ad alimentare la voglia di fare, di mettersi in gioco e di costruire obiettivi, aspirazione tipica di tutti coloro che amano questo grande sport.
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Intervista
Iniziamo questo viaggio da un nome d’eccezione del settore, una figura che vive il Trail a 360 gradi, partendo dall’essere un Trailer ante litteram, ovvero da quando il Trail Running così come lo conosciamo non esisteva ancora.
Stiamo parlando di Matteo Grassi: Matteo è prima di tutto un runner con un’esperienza enorme, è uno dei fondatori di Spirito Trail ed organizzatore della Traversata dei Colli Euganei – TCE.
Queste sono solo alcune delle iniziative e dei ruoli che ricopre all’interno del settore, infatti partiamo da lui per la visione ampia e completa che ha della disciplina e che gli permette di maturare delle opinioni di grande peso.
NBS: Matteo vuoi parlarci di te?
Matteo: corro da più di trent’anni e sono uno di quelli che ha visto nascere il Trail Running in Italia; ne ho parlato anche l’altra sera sul nostro canale Spirito Trail, che è il portale della rivista che ho contribuito 12 anni addietro a fondare.
Infatti Spirito Trail apre i battenti ad aprile 2008 e siamo arrivati ad oggi dopo 11 numeri di Webzine prima e a 135 numeri di rivista cartacea; abbiamo raccontato la storia del Trail Running in Italia sin dai suoi primi passi. Non si chiamava nemmeno Trail all’epoca ma si parlava di Eco-maratone, una lunga tradizione di corse in montagna e sul finire degli anni novanta del secolo scorso abbiamo visto esplodere nel mondo delle Sky Running. Con Spirito Trail abbiamo osservato via via nascere queste manifestazioni fino ad arrivare ai giorni nostri, o meglio fino all’altro ieri, quando questo settore era in piena crescita. Stavamo andando con il vento in poppa, stavamo andando alla grande con un incremento dei praticanti e dei numeri di gare.
Questa è l’esperienza che ho fatto in 12 anni come redattore di Spirito Trail, esperienza che mi ha portato recentemente a dirigere la rivista ed il portale, un percorso sempre più impegnativo e consistente.
Tutto ciò si è tradotto anche in alcune piccole soddisfazioni personali, come ad esempio i Trail autogestiti: li abbiamo ideati io e Stefano Michelet, così di sana pianta… Probabilmente non è una grande invenzione, è un po’ la scoperta dell’acqua calda ma se oggi si dice “andiamo a fare un Trail autogestito” è perché li abbiamo sdoganati io e Stefano.
Un’altra mia idea è stata la campagna “io non getto i miei rifiuti”. Un’altra ancora il progetto Mini Trail. Correva il 2014 quando con l’amico Gabriele Marchioro ci siamo detti “ai bambini piace correre!”, così abbiamo organizzato i primi eventi per i nostri figli e amichetti, fino a che i Mini Trail sono diventati manifestazioni con 250 e oltre bambini e si sono diffusi sull’intero territorio nazionale.
Insomma qualcosina l’ho fatta e l’ho fatta anche come praticante, dato che vedendo nascere i Trail mi piaceva anche l’idea provarli… ho fatto gare che oggi non esistono più, tra queste la più bella è stata la Dolomiti Sky Run, una traversata lungo l’Alta Via numero 1 delle Dolomiti dal lago di Braies a Belluno su una distanza di 140 km. Oggi 140 km non dico che siano una distanza normale da praticare, ma sicuramente all’epoca non erano pochi. Poi mi sono portato a casa due volte il Tor des Geants di cui mi porto sempre al collo l’emblema!
NBS: Infatti Matteo ci tenevamo particolarmente a raccogliere la tua testimonianza proprio perché tu vivi il Trail a 360 gradi, come direttore di una testata giornalistica, come atleta ma anche come organizzatore di eventi.
Matteo: Esatto, lo pratico, lo racconto e lo organizzo.
Sono organizzatore della Traversata dei Colli Euganei, che è un Trail ante litteram, si sente già dal nome che non comprende la parola Trail e infatti lo scorso anno è arrivata alla 35esima edizione. È stata anche la prima maratona off-road a cui ho partecipato quando avevo 16 anni, è il mio primo vero grande amore che poi si è trasformato in un matrimonio quando ne sono diventato organizzatore.
Però come tutti sappiamo questo bel gioco, non dico che si sia fermato perché speriamo tutti che riprenda il prima possibile, ma come abbiamo intitolato l’ultimo numero della nostra rivista, mettendolo in copertina bello in grande, è stato messo in pausa. Abbiamo proprio messo il simbolo della “pausa”, il tasto che si schiaccia per fermare il video.
NBS: In questi tre mesi, che tipo di insicurezze e dubbi, soprattutto a livello organizzativo, vi siete trovati ad affrontare? Con questa storia del Covid siamo passati da 0 a 100 nel giro di due settimane restando tutti a bocca aperta.
Matteo: assolutamente sì, mi ricordo perfettamente che l’ultimo allenamento lungo che ho fatto è stato il giorno dopo la scoperta dei primi casi a Vo’ Euganeo, in provincia di Padova. Ero sulla riviera dei Berici e stavo preparando l’Ultrabericus 100: mentre correvo un allenamento di 70 km, non potevo fare a meno di pensare che probabilmente quella era l’ultima corsa lunga che avrei fatto. Anche se all’epoca i casi in zona erano due, ormai era destino scritto che l’epidemia sarebbe scoppiata. Infatti l’Ultrabericus, che si sarebbe dovuta svolgere tre settimane dopo, è stata annullata e da quel momento in avanti è stato solo una triste conferma, giorno dopo giorno, che la gara successiva sarebbe saltata.
Non passa giorno che io non riceva email di organizzatori che ci avvisano che la loro gara quest’anno non si farà. Per esempio è di stamattina la notizia che non si svolgerà la Schlern Skymarathon su al Rosengarten.