2020 – Come possiamo ripartire? Intervista a Fulvio Massa e Simona Morbelli

2020 – Come possiamo ripartire? Intervista a Fulvio Massa e Simona Morbelli
Diamo seguito al viaggio che abbiamo da poco intrapreso, attraverso un ciclo d’interviste ad alcune figure di riferimento del mondo del Trail Running.

INTERVISTA A FULVIO MASSA E SIMONA MORBELLI

2020, l’anno in cui tutto si è fermato… Come possiamo ripartire?

Diamo seguito al viaggio che abbiamo da poco intrapreso, attraverso un ciclo di interviste ad alcune figure di riferimento del mondo del Trail Running.

Promotori di gare, giornalisti, coach e figure di rilievo che ci racconteranno dal loro punto di vista, che cosa sta succedendo nel settore a causa dell’attuale crisi provocata dal COVID-19, come ci si sta muovendo e se vorranno, quale è la loro visione del futuro.

Questa settimana proponiamo un’intervista doppia a due nomi che non hanno bisogno di molte presentazioni: Fulvio Massa e Simona Morbelli.

Fulvio è un personaggio poliedrico, fisioterapista (Massafisio) esperto in riabilitazione e preparazione atletica, giornalista e scrittore, che tra le altre sue pubblicazioni annovera “Il Manuale del Trail Running”, Tecnico istruttore FIDAL facente parte dello Staff Tecnico della Nazionale italiana di Trail e organizzatore de Le Porte di Pietra, importante gara dell’alessandrino.

Simona è un’atleta di trail running del Team Salomon, appassiona anche di alpinismo e scalata su roccia, ha una carriera in materia di Trail impressionante, costellata da importanti risultati e vittorie nelle gare più prestigiose Nazionali e Internazionali. Dal 2019 è in società con Fulvio per il progetto Trail Running Coaching – TRC, fornendo consulenze ad atleti élite, amatori ed aziende del settore.

Simona e Fulvio ci daranno la loro visione sulla delicata fase che il settore sta attraversando e fondamentali indicazioni su come ripartire ad allenarsi nella fase due. https://www.youtube.com/embed/lyNda1vNm-M

NBS: Buona sera Fulvio Massa e Simona Morbelli, sarà un intervento particolare il vostro in quanto oltre ad essere due volti noti del Trail, siete entrambi coach e fondatori del progetto Trail Running Coaching. Volete parlarci di voi?

SIMONA: Grazie e buona sera. Effettivamente adesso sono anche coach ma in primis sono un atleta, lo sono dal 2011 e corro per Salomon dal 2013. All’epoca abitavo, e abito tutt’ora, a Courmayeur per almeno 6/7 mesi l’anno, perché amo fare arrampicata e free ride. La corsa è arrivata solo in un secondo momento casualmente! All’epoca iniziai a correre per aumentare la capacità polmonare e non conoscevo il Trail, ma nel 2011, dopo poco tempo che avevo iniziato a correre, ho preso una storta, sono andata da Fulvio a farmi curare e da lì è partito tutto. 

Dico sempre che faccio Trail perché ho conosciuto Fulvio Massa che è diventato il mio coach, probabilmente avrei fatto asfalto se avessi conosciuto un’altra persona che faceva coaching su strada. Questo lo dico perché per quanto io ami molto i sentieri e la montagna, mi piace anche l’asfalto. 

FULVIO: La mia carriera sportiva e ben presto fatta: sono passato dal calcio professionistico direttamente alla corsa in montagna, ho iniziato a fare le prime gare negli anni 80’ e non ho mai smesso, spostandomi via via su distanze sempre più lunghe da 70/100 km. Dico sempre che potrei vincere una gara nel momento in cui una frana abbattesse il primo 50% dei concorrenti perché diversamente mi fermerei nella mia posizione e me la godrei così! Come professionista mi occupo di sport e di fisioterapia, da 30 anni ho un’attività che è rivolta particolarmente agli atleti di Trail Running. La storia di Trail Running Coaching, il progetto che condivido con Simona, nasce da lontano, ma è stato fondato ufficialmente nel 2019.

SIMONA: Trail Running Coaching nasce da un’esigenza che sia io che Fulvio abbiamo rilevato nel corso degli anni: ovvero la necessità da parte dell’atleta di informarsi e capire come può affrontare il Trail. Negli altri sport avere un allenatore è una pratica consolidata, nel Trail invece è un’abitudine si sta formando solo recentemente. 

Ci siamo resi conto che quando siamo in giro per gare o per serate, i runner ci pongono delle domande: come si può corre, come usare il bastoncino… Quindi abbiamo pensato di costituire questa trait d’union e creare Trail Running Coaching, che è un servizio di coaching, sia per atleti élite che per amatori, sia per aziende nel settore della corsa.

NBS: quindi un progetto importante nato da poco, che si è però scontrato tre mesi fa con gli eventi legati al COVID: Come avete vissuto questo passaggio e che tipo di problemi ed incertezze vi siete trovati ad affrontare?

SIMONA: Ti rispondo come atleta, all’inizio è stato problematico perché ero abituata a corre, a fare sci alpinismo e ha praticare tanti sport diversi prevalentemente outdoor. 

Però ero anche abituata a fare palestra, per me fare 1 o 2 ore di core stability, addominali, pesistica è una cosa normale, inoltre realizzavo già alcuni lavori specifici, lavori che do da fare anche ai ragazzi che seguo, che in questo periodo sono diventati una consuetudine, ovvero i circuiti indoor: per farti un esempio le scale abbinate al core stability.

Quindi come atleta mi sono ritagliata degli spazi all’interno delle mie giornate, in cui facevo più sessioni dedicate all’allenamento di pesistica, addominali e core stability. Allenare il busto e la schiena è importante per chi fa Trail, perché quando corri e inizi ad essere stanco, se non hai il busto, le spalle e tutto il core che ti sorregge, diventa molto più difficile. Queste pratiche le faccio da un decennio e le ho amplificate focalizzandole sull’obiettivo corsa e ed in queste settimane focalizzandomi ulteriormente. Abbinavo poi queste sessioni dedicate alla forza ad allenamenti come le scale, e per mantenere la capacità di frequenza cardiaca ho usato un tapis roulant e l’ellittica.

FULVIO: quello che ha detto Simona è chiaro, e come coach vorrei riportarlo nel pubblico più vasto degli atleti di Trail, perché in questo caso scende in campo uno degli aspetti chiave della disciplina ovvero l’imprevedibilità e la necessità di far nascere da ogni problema un’opportunità.

Quando io e Simona ci siamo trovati come coach a far fronte a questa situazione, la prima cosa che abbiamo cercato di fare con i nostri atleti è stata individuare il punto debole di ognuno e li abbiamo fatti lavorare proprio su quello entro le mura domestiche. È importante capire che non potevamo in quella fase lavorare su aspetti non plausibili, come l’endurance, ma in questa situazione è emerso il vantaggio di poter fare dei lavori specifici su aspetti che durante un normale stagione di gare sarebbero stati meno valorizzati. 

NBS: in questa fase di allenamenti indoor, qual è stato l’aspetto più difficile da gestire per il runner?

FULVIO: la motivazione! Il movente di tanti atleti di ogni livello, è quello di trovare nella gara lo stimolo che possa muovere il mondo. La mancanza di gare ha creato uno stato di depressione motivazionale in moltissimi atleti. Abbiamo quindi rivisto i programmi annuali dei nostri ragazzi, esattamente come è stato fatto per la Squadra Nazionale, e abbiamo sostituito le gare con degli obiettivi temporanei, che potessero ricreare dei mesocicli di lavoro motivati. 

Perché che ci sia la gara adesso o a settembre, il tuo atteggiamento non deve cambiare, perché tu devi crescere come atleta. Come fisioterapista lavoro tantissimo con gli infortuni, e per me è normale che uno sportivo si debba fermare sei mesi per una banale fascite plantare, ma il punto è che non finisce il mondo: devi razionalizzare te stesso e continuare a lavorare sui prossimi obiettivi, ti devi porre delle tappe intermedie e continuare a crescere.  

SIMONA: quello che dico sempre io e che ci si deve trovare pronti, indipendentemente che le gare siano adesso o tra sei mesi. Tra l’altro in questa fase in cui si aprono le gabbie, se uno a causa della mancata motivazione non si è allenato, nel momento in cui ritorna improvvisamente ad un regime normale di attività è proprio in questo caso che avvengono i problemi e gli infortuni. Altresì non si può pensare di lavorare su dei circuiti e delle scale per dei mesi, poi uscire e fare tre ore di Trail. Bisogna quindi pensare di traslare i cicli della propria attività sportiva per arrivare pronti a quando sarà il momento, il che potrebbe essere anche senza pettorale. Perché al di là tutto la corsa è una passione, al di là del pettorale e della gara, io continuo ad allenarmi perché mi piace! 

NBS: Quindi come ricominciamo ad allenarci? 

FULVIO: abbiamo scritto poco tempo fa un articolo per la rivista Correre, in cui parliamo di questo. Abbiamo stilato una sorta di mappa, di tabella, dei rischi a cui si va incontro a seconda delle attività che si sono fatte in casa. Per fare un esempio, ho la cyclette o i rulli, avrò fatto sicuramente un ottimo lavoro muscolare di gambe ma rischio la sindrome del ciclista, ovvero avrò un cuore, dei polmoni e delle gambe pazzeschi, ma mi mancherà il piede, il tendine d’Achille, mancherà l’elasticità. Quindi mi vado a mettere su strada con una gran potenza di motore, ma mi mancherà la carrozzeria in basso e rischierò quindi di farmi male. 

L’allenamento, e questo vale non solo ora ma in generale, deve essere soggettivizzato sulla persona. Più che mai nel Trail, che è una disciplina che unisce tantissimi aspetti come la resistenza, la forza, l’agilità ed altro, l’allenamento deve essere personalizzato sull’atleta, sulle sue caratteristiche fisiche, sull’età, sullo sport di provenienza e sugli obiettivi che vuole raggiungere

NBS: Ci sono però degli aspetti comuni a tutti che non possono mancare? 

FULVIO: Quello che non deve mai mancare nel Trail dal punto di vista organico sono il VO2max e la frazione di VO2max, cioè il massimo consumo di ossigeno, e la soglia anaerobica, cioè quella fazione che può consentire di stare a lavorare per parecchio tempo. Non può mancare l’endurance, ovvero la capacità di saper durare tante ore e poi la forza, perché a differenza della corsa su strada il Trail la richiede, la coordinazione, l’agilità…il bello è prendere i tasselli del puzzle e riuscire ad incastrarli nella maniera tale da poter avere un risultato finale. Il nostro obiettivo prevede sempre due aspetti: cercare di portare la persona alla massima prestazione e cercare di fare in modo che questi non si faccia male. Sembra scontato ma è il vero equilibrio in modo che la corda si possa tirare al massimo senza spezzarsi. È chiaro che porre degli allenamenti banali è facile perché l’atleta non si infortuna ma allo stesso tempo non cresce. 

NBS: tra l’altro per l’atleta è molto difficile autoregolarsi da solo, semplicemente “ascoltando sé stesso”

SIMONA: parlo da atleta e da coach, spesso mi viene chiesto “ma se tu alleni perché hai bisogno di un allenatore?” 

Io ho bisogno di avere un allenatore perché quando si parla di sé stessi è sempre un problema! L’atleta che sia un’élite, un amatore o uno che va per finire la gara è sempre bulimico di allenamento, pensa sempre che manchi qualcosa, pensa sempre che deve fare di più, quindi non si focalizza sulla qualità ma alla quantità! Capita a volte seguendo i ragazzi che gli indichi un certo lavoro specifico da fare e loro ti rispondano “solo questo?”, “si, oggi solo questo, e domani ne fai un altro mirato”. Se ti dico fai una salita e perché stiamo lavorando sulla forza, e quindi oggi fai quello, non una salita ed una discesa perché diversamente quello è un fartlek e ha un altro scopo. Bisogna avere la maturità di capire che per migliorare bisogna focalizzarsi!

NBS: quindi come ce lo portiamo a casa questo strano 2020? 

FULVIO: azzeriamo i nostri obiettivi. Usciamo a correre senza l’ansia delle gare ma ricreandoci una programmazione fittizia di gare con noi stessi. Ad esempio se tu a luglio avevi in programma di andare a fare una gara da 70km, fai in modo a luglio di fare un allenamento che simulerà una gara di 70km.

SIMONA: possibilmente su un fondo che sia quello della gara stessa o simile.

FULVIO: Invece dal punto di vista globale della stagione va rivista, quando ci saranno le condizioni per riprendere le gare, andremo a rivedere la stagionalità. Perché la stagionalità nel Trail prevede un periodo fortemente agonistico nei mesi primaverili ed estivi e poi un abbassamento delle attività in quelli autunnali/invernali. è possibile che venga un po’ stravolta la programmazione 2020/2021, perché è possibile che molti atleti decidano di gareggiare nel periodo che verrà loro concesso, cioè autunno inverno, Sono situazioni che si verranno a modulare man mano che si avranno certezze e date. Quindi il primo input che diamo è quello di perseguire i nostri obbiettivi, plausibili ma sfidanti. Io appena sarà possibile, andrò infatti a fare le mie Porte di Pietra!

NBS: Fulvio vuoi parlarci delle Porte di Pietra e di come hai vissuto questo momento in qualità di organizzatore?

FULVIO: faccio parte di quel gruppo di organizzatori italiani con i quali in questi mesi ci si è confrontati con scambi di idee ed opinioni, abbiamo vissuto molto intensamente questo periodo, studiano decreti e norme.

Come organizzatore all’inizio non riuscivo a crederci che potesse essere annullata la 15esima edizione delle Porte di Pietra, dal 2006 organizziamo questa gara che è uno dei pilastri del Trail Italiano, e pensare non potesse esserci l’edizione 2020, è stato un po’ mortificante. Ce ne si fa una ragione attraverso la logica, perché con le situazioni sociali, sanitarie che ci sono state era assolutamente impossibile pensare di organizzare una gara. Ci saranno delle gare questa estate? Si, no, forse. Dipenderà dall’evoluzione del contagio o dal suo debellamento, lo vedremo in itinere, e dipenderà da una serie di normative che sono state decise attraverso delle task force tecniche. Il punto è che se ci saranno delle competizioni nel periodo estivo, saranno formalizzate da una serie di norme estremamente restrittive, che da un lato metteranno a dura prova la capacità organizzativa di un comitato organizzatore, da un altro lato dovranno far pensare bene all’atleta, che l’eventuale gara che si terrà questa estate, non sarà la gara di Trail Running alla quale siamo stati abituati fino ad ora. SI parlerà di altre gare, con altri vincoli, altre ristrettezze, altre normative, legate a tutto il pre-gara, il durante gara ed il post-gara. Quindi è facile se ci sarà qualche gara nei mesi estivi, saranno gare nate da comprovate capacità organizzative che riusciranno a mettere sul campo un fronte umano tale da poter gestire un certo numero di persone e anche con una discreta capacità economica per sostenere la realizzazione dell’evento. Quindi con questo non voglio essere né pessimista né ottimista, ma dal punto di vista realistico, se ci saranno le condizioni ed alcuni organizzatori saranno in grado di compiere questi passi, qualche gara si farà. Per lo meno in quelle gare che assegnano dei titoli, come un Campionato Italiano. Non mi addentro nelle normative ma ci sarebbe tanto da dire, a partire dalle partenze a cronometro, individuali o a scaglioni, dal divieto di stare in scia con l’atleta perché il doplet durante la scia è molto più lungo di un metro, a partire da tutti i pasta party che vanno dimenticati, alle premiazioni, al briefing…

SIMONA: a me da atleta è rimasto impresso il passaggio “si supera si deve stare 1-2 metri a destra o a sinistra”, io come atleta ho pensato se uno fa una maratona va bene, ma se sono al Bertone e faccio il Bertone-Bonatti, o qualsiasi altro sentiero che è largo mezzo metro e con lo strapiombo di lato, come faccio a superare ad 1-2 metri? è impossibile. 

FULVIO: io immagino un atleta che in una competizione importante si trova in scia, si rende conto che lo può superare perché ne ha di più, ma non può! Dobbiamo calcolare che l’atteggiamento di una atleta di elite è molto più sanguigno rispetto a quello che non potrei avere io, cioè io mi metterei dietro e me ne sto buono finché non ho la possibilità di superare in sicurezza, ma un atleta che si prepara un anno proprio per essere lì apposta a stare davanti a quell’altro, come fa? È imbarazzante pensare che in quel momento si debba rinunciare a un superamento perché vai troppo in scia o perché non ci sono gli spazi di sicurezza. 

NBS: volete dichiarare qualcosa spontaneamente? 

FULVIO: vorrei dire che dobbiamo ricordare di allenarci per il piacere di correre, di crescere e migliorarci! Nel momento in cui ci saranno le gare ben venga ma non fossilizziamoci su quello.

SIMONA: correre, così come fare qualsiasi altro sport, deve essere una passione, deve piacerti, e quindi non importa se non ce la gara e non puoi indossare il pettorale. Io ho voglia di correre ed allenarmi, di misurarmi, di seguire la tabella anche senza una gara. Se ti piace correre, se ti piace scalare lo vai a fare indipendentemente! Sarà che io vengo dalla montagna, dalla scalata e dallo sci alpinismo e lì non hai un pettorale: in montagna ci vai per passione e io ho traslato questo atteggiamento nella corsa, quindi che al momento ci sia la gara o meno, a me non interessa, io sono motivata comunque tutte le mattine!

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